🧠 1. Introduzione al concetto di comporto nel diritto del lavoro
Il periodo di comporto rappresenta uno dei limiti più importanti del potere di recesso del datore di lavoro. Esso indica il lasso di tempo durante il quale il lavoratore assente per malattia conserva il diritto al posto di lavoro. Trascorso tale periodo, l’azienda può procedere al licenziamento, purché lo faccia nel rispetto dei principi di buona fede e proporzionalità.
In sostanza, il comporto è lo “scudo temporale” che protegge il lavoratore durante la malattia, ma non è illimitato: trascorso un certo numero di giorni (diverso per ogni CCNL), il rapporto può essere risolto. Tuttavia, quando il lavoratore è disabile o invalido, il quadro cambia radicalmente.
♿ 2. Invalidità, disabilità e malattia: differenze giuridiche
Non tutti i lavoratori affetti da patologie sono “disabili” ai sensi della legge.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenze HK Danmark 2013 e FOA 2014) ha chiarito che la disabilità è una limitazione di lunga durata che ostacola la piena partecipazione alla vita lavorativa su base di uguaglianza.
Nel diritto italiano, questa definizione è recepita dal D.Lgs. 216/2003 e dalla Convenzione ONU del 2006, che impongono misure di tutela e “accomodamenti ragionevoli” per consentire al disabile di continuare a lavorare.
Pertanto:
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Malattia = evento temporaneo;
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Invalidità = riduzione della capacità lavorativa;
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Disabilità = condizione di lungo periodo che richiede misure correttive.
⚖️ 3. Comporto e invalidità: quando il licenziamento è nullo
Il licenziamento di un lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto è nullo se il datore di lavoro:
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Applica lo stesso periodo previsto per i non disabili (discriminazione indiretta);
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Non adotta gli accomodamenti ragionevoli previsti dall’art. 3, comma 3-bis, D.Lgs. 216/2003.
La Cassazione, con la sentenza n. 15282/2024, ha sancito che il datore deve considerare la particolare condizione di salute del dipendente, sottraendo dal conteggio del comporto i giorni di malattia legati all’handicap o valutando misure alternative, come l’adattamento della postazione o la modifica dell’orario.
🏛️ 4. La Cassazione 15282/2024: un punto di svolta
Nel caso deciso dalla Suprema Corte, un lavoratore disabile era stato licenziato per superamento del comporto dopo 371 giorni di assenza.
La Corte ha affermato che:
“L’applicazione dello stesso periodo di comporto previsto per soggetti non affetti da handicap costituisce discriminazione indiretta.”
E ha aggiunto che il datore di lavoro, conoscendo lo stato di invalidità, era tenuto ad adottare misure ragionevoli, pena la nullità del licenziamento.
Questo principio si fonda sull’idea che il disabile non deve essere penalizzato per la sua condizione, ma sostenuto nella prosecuzione del rapporto di lavoro.
⚖️ 5. Il Tribunale di Trieste 34/2025: conferma e rafforzamento del principio
Nella sentenza n. 34/2025 del Tribunale di Trieste, una lavoratrice disabile iscritta alle categorie protette è stata licenziata per inidoneità sopravvenuta.
Il giudice, richiamando proprio la Cassazione 2024, ha dichiarato nullo il licenziamento, affermando che:
“Il datore di lavoro non può limitarsi a verificare la disponibilità di mansioni alternative, ma deve attivarsi per individuare accomodamenti ragionevoli, dialogando con il lavoratore.”
La decisione ha imposto la reintegrazione immediata e il pagamento delle retribuzioni maturate.
🧩 6. Cosa sono gli accomodamenti ragionevoli
Secondo la Convenzione ONU e la Direttiva 2000/78/CE, gli “accomodamenti ragionevoli” sono:
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modifiche dell’orario;
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adattamento della postazione;
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redistribuzione delle mansioni;
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telelavoro o smart working;
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supporti ergonomici o tecnologici.
Tali misure devono essere proporzionate e non eccessivamente onerose, ma comunque reali e documentabili.
📋 7. L’onere della prova e il ruolo del giudice
Il lavoratore deve dimostrare elementi di fatto che facciano presumere la discriminazione;
poi spetta al datore di lavoro provare di aver adottato tutte le misure ragionevoli.
Il giudice del lavoro valuta se l’impresa abbia effettivamente agito con diligenza e proporzionalità.
💼 8. Le tutele previste dal D.Lgs. 23/2015
Se il licenziamento è dichiarato nullo per motivo discriminatorio o legato alla disabilità, si applica l’art. 2 del D.Lgs. 23/2015 (Jobs Act):
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reintegrazione obbligatoria;
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risarcimento non inferiore a 5 mensilità;
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versamento dei contributi previdenziali;
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facoltà per il lavoratore di chiedere 15 mensilità in luogo della reintegra.
🧱 9. Come i datori di lavoro possono prevenire il rischio legale
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Mappare le condizioni di salute note (nei limiti della privacy);
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Attivare il medico competente per verificare adattamenti possibili;
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Mantenere un dialogo costruttivo con il lavoratore;
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Documentare le misure adottate;
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Coinvolgere il RSPP e il consulente del lavoro.
📘 10. Domande frequenti su comporto e invalidità
1️⃣ Cosa succede se un disabile supera il periodo di comporto?
Il licenziamento è nullo se il datore non adotta accomodamenti ragionevoli o applica un periodo identico ai non disabili.
2️⃣ Il datore può licenziare un disabile per troppe assenze?
Solo se dimostra di aver tentato ogni misura possibile per mantenere il rapporto.
3️⃣ Cosa sono gli accomodamenti ragionevoli?
Modifiche organizzative e tecniche che consentono al disabile di continuare a lavorare in condizioni adeguate.
4️⃣ Dopo la Cassazione 2024 cosa cambia per le aziende?
Devono documentare ogni passaggio valutativo e non possono più licenziare “automaticamente” al termine del comporto.
5️⃣ Che differenza c’è tra disabilità e inidoneità?
L’inidoneità è una valutazione sanitaria; la disabilità è uno status giuridico tutelato. Non coincidono.
6️⃣ Quali tutele spettano in caso di licenziamento nullo?
Reintegra, risarcimento, contributi e possibilità di indennità sostitutiva.



