La retribuzione, più comunemente definita come lo “stipendio” che spetta al lavoratore come corrispettivo per l’attività lavorativa svolta.
A fronte della retribuzione dovuta dal datore di lavoro il lavoratore si impegna a rendere una prestazione lavorativa. Dunque è proprio la retribuzione che qualifica il contratto di lavoro subordinato come un contratto oneroso di scambio.
Ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione il << lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa e’ stabilita dalla legge >>.
Ciò significa che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore una retribuzione corrispondete a quella prevista dai contratti collettivi nazionali, in mancanza il lavoratore può pretendere il pagamento di differenze retributive attraverso una specifica richiesta di pagamento.
In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., il giudice, per i rapporti non tutelati da contratto collettivo, può utilizzare, quale parametro di raffronto, la retribuzione tabellare prevista dal contratto nazionale del settore corrispondente a quello dell’attività svolta dal datore di lavoro ovvero, in mancanza, da altro contratto che regoli attività affini e prestazioni lavorative analoghe, dovendo considerare le sole componenti integranti il cd. minimo costituzionale – anche con riguardo alle imprese di non rilevanti dimensioni -, con esclusione delle voci retributive legate all’autonomia contrattuale, come ad esempio i compensi aggiuntivi, gli scatti di anzianità e la quattordicesima mensilità.
Tutti i lavoratori, anche quelli non regolarizzati cosiddetti a nero possono chiedere al proprio datore di lavoro una retribuzione adeguata e conforme a quella tabellare previsti dal ccnl, e laddove il datore di lavoro non la dovesse corrispondere potrà fare causa di lavoro.
Tutti i lavoratori, laddove hanno percepito una retribuzione non inferiore a quanto stabilito dal ccnl, hanno diritto a differenze retributive cioè a quelle somme di denaro a titolo di differenze tra quanto percepito e quanto gli sarebbe dovuto essere corrisposto in seguito alla sua attività lavorativa.
Mancato pagamento di retribuzioni, svolgimento di mansioni superiori senza ricevere il relativo trattamento retributivo, arretrati o mancato pagamento di 13^ e/o 14^ mensilità, TFR non pagato o pagato parzialmente,….sono solo alcuni degli esempi di differenze reze retributive
In tutti questi casi, si parla di diritto a differenze retributive: cioè il diritto del lavoratore a percepire somme di denaro quale differenze tra quanto percepito e quanto spettante gli, tale diritto spetta a tutti i lavoratori, anche a quello<< a nero>>.
A tal proposito si evidenzia che il calcolo delle differenze retributive deve essere sempre a << lordo. Precisamente con l’ordinanza n. 16668 del 04.08.2020, la Cassazione afferma che la condanna del datore di lavoro a pagare le differenze retributive include sempre gli oneri contributivi anche se non richiesti dall’interessato, tanto che tutte le somme devono essere liquidate al lordo e non al netto delle ritenute fiscali e previdenziali.
Il nostro studio offre a tutti i lavoratori prima consulenza gratuita ed anticipo dei costi necessari per l’avvio della causa, incluso i costi per la redazione dei conteggi per la quantificazione delle differenze retributive.
Valuteremo attentamente il tuo caso, svilupperemo i conteggi, convocheremo il datore di lavoro tramite una specifica diffida.
Spesso è sufficiente la semplice diffida inviata dal nostro studio per trovare un accordo con il datore di lavoro ed in mancanza si depositerà ricorso in tribunale sezione lavoro avviando così une << causa di lavoro >>
Anche i questi casi alla prima udienza il Giudice tenterà la conciliazione e molto, ma molto spesso si riesce a firmare un accordo, una transazione.